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Esportabilità delle pensioni


In generale, tanto per gli italiani che per i cittadini non comunitari sono esportabili le pensioni (ad esclusione di quelle a carattere assistenziale) e le rendite infortunistiche, ad eccezione di quelle previste in caso di malattia, maternità, disoccupazione e cassa integrazione. Occorre tuttavia distinguere il caso in cui decide di rimpatriare un lavoratore straniero proveniente da un Paese che ha stipulato con l’Italia una convenzione in materia di sicurezza sociale e quello in cui tale decisione è presa da un lavoratore proveniente da un Paese non convenzionato.

Attualmente, infatti, per aver diritto ad un regime di totalizzazione della pensione, è necessario che vi siano delle convenzioni bilaterali tra l’Italia ed il Paese di origine del lavoratore straniero. Dette convenzioni infatti garantiscono al lavoratore il cumulo dei periodi assicurativi svolti negli Stati contraenti, per conseguire il diritto alle prestazioni qualora non sia stato maturato in maniera autonoma in un singolo Stato. Nel caso, invece, in cui il lavoratore straniero che decide di rimpatriare proviene da un Paese non convenzionato con l’Italia in materia di sicurezza sociale, il regime di totalizzazione della pensione non trova applicazione. Inoltre, in tal caso, mentre prima della legge 189/2002 (cd Bossi-Fini) ai lavoratori extracomunitari che rimpatriavano definitivamente, veniva riconosciuto (Legge n.335/1995 art.3, comma 13) a prescindere da accordi di reciprocità tra l’Italia e il loro Paese, il diritto a ottenere il rimborso dei contributi versati fino a quel momento, con l’entrata in vigore di tale legge tale facoltà è stata eliminata.

Attualmente i lavoratori stranieri rimpatriati conservano i diritti previdenziali e di sicurezza maturati, ma possono goderne solo a partire dall’età pensionabile e previa maturazione del requisito contributivo minimo sulla base della normativa vigente in Italia. Quando questi requisiti non sono soddisfatti, il cittadino straniero potrà richiedere al compimento dei 66 anni la quota parte di pensione corrispondente alla sua ridotta anzianità contributiva.

In caso di lavoratori stranieri rimpatriati occorre distinguere a seconda che la pensione venga calcolata con il sistema contributivo o retributivo:

– nel primo caso (sistema contributivo), i lavoratori extracomunitari assunti dopo il 1° gennaio 1996, possono percepire, in caso di rimpatrio, la pensione di vecchiaia (calcolata col sistema contributivo) al compimento del 66° anno di età e anche se non sono maturati i previsti requisiti (dunque, anche se hanno meno di 20 anni di contribuzione e se la pensione erogata risulterà inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale)
– nel secondo caso (sistema retributivo o misto), i lavoratori extracomunitari assunti prima del 1996 possono percepire, in caso di rimpatrio, la pensione di vecchiaia (calcolata con il sistema retributivo o misto) solo al compimento del 66° anno di età sia per gli uomini che per le donne e con 20 anni di contribuzione.

Fonte: INAIL

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